In cosa consiste l’olio a scambio termico e quali sono i suoi campi di utilizzo?
L’olio diatermico o fluido a scambio termico è utilizzato in sistemi termici in cui sono necessarie altissime temperature, sostituendo così i sistemi a vapore oppure ad acqua pressurizzata. Questi impianti operano generalmente alla pressione atmosferica, aumentata dal battente statico, impiegando oli non tossici adatti a temperature superiori a 300°.
Spesso è un derivato dal petrolio e quindi ad alto peso molecolare ed è proprio questa caratteristica che permette di utilizzato come vettore termico per il riscaldamento, senza correre il rischio che si decomponga.
I termosifoni ad olio, ad esempio, oppure i reattori chimici vengono riscaldati utilizzando questo fluido che a sua volta è scaldato in un centrale termica dove viene bruciato il metano oppure attraverso una resistenza elettrica.
Sono ormai largamente impiegati in moltissimi settori industriali per via delle sue potenzialità e dei suoi numerosi fattori di vantaggio: prima di tutto l’elevatissima sicurezza di operatività in presenza di variazioni di temperatura significative.
Caratteristiche termiche
Il suo calore specifico è di 0.44 kcal/kg mentre il peso specifico, massa volumetrica è di 0.85 kg/dm3.
La viscosità dell’olio diatermico varia a seconda delle esigenze dell’impianto e dell’azienda produttrice. In linea di massima varia da ISO VG 15, 22 e 32.
La classificazione di questi oli è regolata dalla norma ISO 6743-12 che identifica cinque diverse tipologie di oli, suddivisi in base: al tipo di circuito (chiuso o aperto), ai campi di applicazione ed alla temperatura.
Tra le maggiori aziende produttrici annoveriamo: Eni, Esso, Agip, Petronas.
Svantaggi
Alcuni oli diatermici, però, mostrano determinati svantaggi:
- in alcune circostanze possono essere facilmente infiammabili,
- i coefficienti di scambio termico sono inferiori a quelli del vapore o dell’acqua,
- è notevolmente più caro dell’acqua.